Vendée Globe, la sfida ai mari oltre la pandemia - di Vincenzo Miglietta

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Reportage

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La chiamano l'Everest dei mari, oltre 24mila miglia nautiche attorno al globo, in solitario, senza scali e senza assistenza. Un'edizione quella di quest'anno del Vendée Globe che ha portato trenta skipper lontani dai continenti e dalla pandemia. Ottanta giorni di navigazione per i più veloci, anche novanta per la coda del gruppo. Passando dal freddo dell'Atlantico del Nord alle calme equatoriali per buttarsi poi ai limiti dei ghiacci del sud doppiando Capo di Buona Speranza e le regioni più estreme di Australia e Nuova Zelanda. Il nulla assoluto poi di "Nemo Point" nel Pacifico, il punto più lontano da ogni terra emersa, da lì il passaggio del mitico Capo Horn, la porta per l'Atlantico, con le sue sferzate di vento da oltre 50 nodi e onde alte sette metri per puntare quindi la prua di nuovo verso nord ritrovando così piano piano temperature più umane; dai quattro gradi di acqua e temperatura esterna della Terra del Fuoco ai 28/30 gradi del Mar dei Sargassi. Da qui un ultimo sforzo per i monoscafi di classe Imoca 60 spinti dagli Alisei prima e dai venti che soffiano da nord ovest poi per tornare così al punto di partenza in Francia nel porto atlantico de Les-Sables d'Olonne. In questo reportage la testimonianza a Radio24-IlSole24Ore, passo dopo passo, dell'unico italiano in gara Giancarlo Pedote a bordo del suo Imoca Prysmian Group e il commento di uno dei più gradi velisti italiani Giovanni Soldini; riferimento incontrastato delle imprese in solitario, capace a soli 16 anni di fare la sua prima traversata dell'Atlantico. Le difficoltà, dalla sua esperienza, di essere solo in barca, le paure e i pensieri negli ampi spazi degli oceani e il suo punto tecnico sull'evoluzione delle imbarcazioni e della tecnologia che le accompagna.