Tra Iri e Gepi, l'eterno ritorno del fallimento italiano

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Un breve viaggio nel tempo ad uso dei più giovani e di quelli che, non essendo più giovani, soffrono di amnesie. La storia dell'intervento pubblico nell'economia italiana è una storia di successo solo nella fase iniziale, quella della costruzione del patrimonio infrastrutturale del paese e dello sviluppo dell'industria pesante. Ma questa fase si esaurì oltre mezzo secolo addietro. Dagli anni Settanta, la storia di quell'intervento è fatta di distruzione di risorse fiscali, in parallelo all'aumento dell'apertura dell'economia italiana al processo di globalizzazione, a cui un paese trasformatore come il nostro non poteva certo rinunciare. Indietro non si torna, ovviamente, perché non si può riavvolgere il nastro del tempo. Le narrazioni e gli spin del marketing politico, rafforzate da qualche autonominato vecchio saggio che esercita il proprio immaginario magistero da cattedre altrettanto inesistenti, sono solo una manifestazione di disperata impotenza, oltre che di cinismo elettorale. Ma è utile ricordare cosa è stato un esempio eclatante di degenerazione del sistema paese, di cui in molti oggi hanno nostalgia: il modello Gepi. Nata come private equity ante litteram per aziende in temporanea difficoltà (spesso una pietosa e costosa bugia), è diventata la discarica degli esuberi del sistema privato, una delle innumerevoli leve del fallimentare intervento pubblico nel Mezzogiorno, ed in ultima istanza il maggior produttore di cassintegrati a vita e lavoratori socialmente utili del paese. Chi non ricorda il proprio passato è condannato a ripeterlo. Oppure a vivere di narrazioni tossiche.